Vai al bar, ordini una bella bibita, ti distrai un attimo e qualche nerd ti ci infila un insetto. Nulla di più odioso. Ma almeno in questo caso lo vedi, ti astieni dal gustarti i tuoi 33 cl, scopri chi è il colpevole e, di nascosto, gli carichi la pizza di peperoncino.
Ma se è una multinazionale a farlo? E se lo fa in modo da non essere scoperta? Nessuna vendetta liberatoria e nessuna consapevolezza in questo caso. Ti bevi la tua bibita e zitto.
E’ quanto succede con il Dactylopius coccus, bestiola dalla quale viene estratto il rosso cocciniglia o semplicemente cocciniglia, ammesso come colorante alimentare, ma camuffato negli ingredienti sotto le sigle E120 e E124 perché nessuno assumerebbe con gioia un elisir di insetto. Da decenni esso è però presente nei ostri cibi e non solo: si trova infatti nei vini e nei succhi rossi, nelle caramelle, ma anche nei cosmetici.
Tra i marchi che usavano il Dactylopius coccus c’era anche Starbucks, finito recentemente nel mirino dei vegetariani per averlo sfruttato come colorante per il “frappuccino”, dichiarando la bevanda – e qui sta la frode – veg* free.
Se siete veg* state attenti anche alle birre, soggette a mix con colla di pesce: incriminata la Guinness, via libera per la nostra birra col baffo. Qui un sito che vi aiuta a sceglier tra gli alcolici quelli privi di ingredienti di provenienza animale.
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