Tra le ricette regionali italiane più rappresentative, la bistecca alla fiorentina occupa un posto d’onore. Un secondo piatto rustico ma raffinato, simbolo della cucina toscana e della razza bovina Chianina, diventata sinonimo di qualità. Ma non è l’unico tipo di carne che può garantire un risultato straordinario. In alcune zone della Toscana si punta oggi su razze locali, meno note, ma ricche di carattere. Come accade in un ristorante di Livorno, dove la tradizione si unisce a una tecnica curata nei minimi dettagli, e il risultato è considerato da molti esperti tra i migliori al mondo.
Cos’è davvero una bistecca alla fiorentina
La fiorentina non è una semplice bistecca. È un taglio alto (almeno tre dita), con l’osso a T, ricavato dalla lombata di vitellone o scottona, preferibilmente di razza Chianina. Cottura rigorosamente alla brace, senza condimenti iniziali, per esaltare solo il sapore della carne. Gli intenditori la vogliono al sangue, calda fuori e morbida dentro. Il segreto sta nel controllo della griglia: tre o cinque minuti per lato, poi la parte dell’osso viene posta in verticale per finire la cottura senza perdere i succhi interni.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un piatto semplice da realizzare. Serve una brace viva, legna di qualità e la capacità di girare la carne al momento giusto. Sbagliare i tempi significa indurire la superficie o, peggio, farla asciugare. Ogni fase deve rispettare la materia prima, e questo vale ancor di più quando si utilizzano carni meno “addomesticate” di quelle industriali.
La Ciccia del Ciacci: dove la fiorentina incontra la Maremmana
A Livorno, nel ristorante La Ciccia del Ciacci, si prepara una versione della fiorentina che ha conquistato cuochi e critici. Non si usa la Chianina, ma una razza Maremmana, allevata allo stato brado nel Parco dell’Uccellina, in provincia di Grosseto. Una scelta che, secondo il titolare Alessandro Ciacci, non è solo simbolica: “La Maremmana è difficile da lavorare, ma ci restituisce un sapore unico. Si nutre di quello che trova, soprattutto di salicornia, che dà alla carne un gusto spiccato e riconoscibile”.
Anche la tecnica di cottura segue una procedura meticolosa: prima si rosolano i lati sulla brace viva, poi si passa alla cottura dell’osso, e infine si lascia la carne in prossimità del calore, ma non direttamente sul fuoco. Il tutto dura circa 20 minuti, abbastanza per esaltare la marezzatura naturale della carne senza alterarne la consistenza.
Il risultato è una fiorentina carnosa, sapida, intensa, che conserva i tratti fondamentali della tradizione ma ne rinnova il profilo. Una reinterpretazione fedele, non modaiola, che restituisce valore al territorio e alla filiera corta. Un esempio di cucina che non si limita a replicare, ma che sa riscoprire. Chi cerca una vera esperienza toscana può partire anche da qui: da una griglia accesa, un osso verticale e una carne che racconta una storia lunga secoli.