Qual è il pesce da comprare per esser certi che non contenga mercurio? Scopriamo come orientarsi nella scelta.
Mangiare pesce è spesso considerato un componente essenziale di una dieta sana e bilanciata, grazie ai numerosi benefici nutrizionali che questi alimenti offrono. Tuttavia, una recente relazione del Consiglio Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) mette in luce un aspetto preoccupante: il pesce rappresenta anche la principale fonte di mercurio nella dieta umana. Questo metallo pesante, sotto forma di metilmercurio (MeHg), può accumularsi nei pesci, in particolare nelle specie alimentari più grandi e predatrici. È fondamentale quindi saper scegliere quali pesci consumare per ridurre i rischi per la salute, specialmente per le categorie più vulnerabili, come bambini e donne in gravidanza.
I benefici del pesce e i rischi del mercurio
Negli ultimi anni, linee guida nutrizionali, come quelle del CREA e pareri dell’EFSA, hanno incoraggiato il consumo di pesce per i suoi benefici nutrizionali. Il pesce è una fonte eccellente di proteine di alta qualità, acidi grassi omega-3, selenio, vitamina A e vitamina D. Tuttavia, poco si è parlato dei rischi associati alla contaminazione da metilmercurio, che si accumula nei pesci attraverso la catena alimentare. Le specie più colpite sono i grandi predatori marini, come il tonno, il pesce spada e i merluzzi, che sono comunemente consumati in Italia.
Secondo un’indagine condotta dal CREA sui consumi di pesce in Italia tra il 2017 e il 2020, i prodotti ittici più consumati includono merluzzo, sogliole, gamberi, salmone, orata e pesce spada. Tuttavia, l’analisi ha rivelato che la varietà nella scelta del pesce è limitata, con il 42% degli italiani che consuma pesce solo una volta alla settimana. Questo è ben al di sotto delle due o tre porzioni raccomandate per gli adulti e i bambini rispettivamente. La predominanza di poche specie, come orata e salmone, insieme alla scarsa informazione sui livelli di contaminazione, espone i consumatori a rischi significativi.

Il CNSA ha evidenziato che alcuni gruppi di popolazione sono particolarmente a rischio. Bambini e donne in età fertile, infatti, possono superare la dose tollerabile di metilmercurio con un consumo relativamente basso di pesce. Ad esempio, i bambini di età compresa tra uno e tre anni raggiungono la dose tollerabile con una porzione e mezzo di pesce, mentre tra i tre e i dieci anni il limite si raggiunge con appena mezza porzione. Per le donne in età fertile, la dose tollerabile si supera già con 0,7 porzioni di pesce a settimana, contro le 0,9 necessarie per ottenere i benefici nutrizionali.
Raccomandazioni per un consumo sicuro
Per ridurre i rischi legati al mercurio senza rinunciare ai benefici del pesce, il CNSA offre alcune raccomandazioni pratiche. È consigliabile limitare il consumo di pesci predatori, come tonno e pesce spada, a una sola porzione settimanale e massimo due per il tonno in scatola. Al contrario, si raccomanda di scegliere pesci di piccola taglia e specie grasse e sostenibili, come aringa, sgombro, salmoni e trote, che hanno un miglior rapporto rischio/beneficio.
Inoltre, diversificare le specie consumate è fondamentale: evitare di concentrarsi su poche varietà aiuta a ridurre l’esposizione a contaminanti. Controllare la provenienza del pesce è un altro passo importante: preferire pesce di allevamento, alimentato con mangimi vegetali, può contribuire a limitare i livelli di metilmercurio.
Un altro aspetto critico è l’informazione. Attualmente, il CNSA denuncia che la comunicazione al pubblico riguardo al consumo di pesce è frammentaria e talvolta fuorviante. Promuovere genericamente il consumo di pesce senza fornire indicazioni sulle specie da preferire e quelle da evitare può portare a scelte sbagliate.