I crackers sono spesso presenti nelle case italiane, consumati a colazione, a merenda o durante un aperitivo. Per molti rappresentano un’opzione pratica, rapida e – almeno in apparenza – leggera. Eppure, secondo un’indagine pubblicata dalla rivista svizzera K-Tipp, questa fiducia potrebbe essere mal riposta. Lo studio, che ha coinvolto dodici varietà di crackers a base di cereali, ha portato alla luce una serie di criticità legate alla qualità e alla sicurezza di questi alimenti. Alcuni risultati hanno sollevato più di un dubbio sulla loro idoneità al consumo quotidiano, soprattutto da parte dei più piccoli.
L’analisi chimica svela pesticidi e acrilammide
I test sono stati affidati al laboratorio Dr. Wirts + Partner, già noto per altre indagini indipendenti sul contenuto degli alimenti confezionati. I ricercatori hanno analizzato fibre, grassi, e soprattutto la presenza di contaminanti. In sette prodotti su dodici è stata rilevata acrilammide, una sostanza che si sviluppa quando gli alimenti ricchi di amido vengono cotti ad alte temperature e che l’EFSA ha classificato come potenzialmente cancerogena. I livelli riscontrati in alcuni casi arrivano a superare la metà del limite massimo raccomandato per la sicurezza alimentare.
Ancora più preoccupanti le tracce di pesticidi. Nelle analisi sono stati identificati residui riconducibili a più di 600 composti chimici, tra cui anche alcuni vietati nell’agricoltura biologica. Le sostanze non erano presenti in quantità letali, ma il rischio si accumula nel tempo, soprattutto se questi prodotti vengono consumati regolarmente. L’esposizione prolungata a dosi minime può influire negativamente su organi, sistema nervoso e sviluppo nei bambini.

Le tossine da muffe sono un ulteriore elemento rilevato in alcuni campioni. Anche se in basse quantità, la loro presenza in prodotti destinati a un consumo così diffuso solleva interrogativi. In particolare, quando a consumarli sono soggetti con sistemi immunitari ancora in formazione, come i più piccoli, o persone anziane.
Solo pochi prodotti promossi, male i marchi noti in Italia
Su dodici tipologie analizzate, solo quattro crackers hanno ottenuto una valutazione positiva. Il prodotto con il punteggio più alto è stato il “Bio Original Spelt” di Dar-Vida Naturaplan, venduto soprattutto in Svizzera, con alto contenuto di fibre e nessuna traccia rilevata di pesticidi o sostanze tossiche. Un’eccezione che conferma la regola: la maggioranza dei prodotti presenti sul mercato, secondo questa indagine, non rispetta criteri soddisfacenti di qualità.
I crackers TUC si sono piazzati all’ultimo posto. I dati mostrano 20 grammi di grassi su 100 e un valore di acrilammide che si avvicina in modo preoccupante alla soglia di sicurezza. Male anche la presenza di additivi, che appesantiscono ulteriormente la lista degli ingredienti. Non si tratta di un caso isolato. Anche Gran Pavesi, nonostante un contenuto inferiore di acrilammide, è risultato positivo al pirimifosmetile, un pesticida noto per effetti potenzialmente nocivi sul fegato e sui reni.
A destare ulteriori perplessità è anche l’assenza quasi totale di fibre in numerose referenze. Una caratteristica che dovrebbe invece rappresentare un punto di forza per uno snack a base di cereali. Eppure, molti prodotti sembrano orientati più al gusto immediato che alla salute, con ricette ricche di sale, grassi e aromi artificiali.
Lo studio ha evidenziato una mancanza di trasparenza. Le etichette non sempre riportano chiaramente l’origine degli ingredienti, né forniscono dati utili sul metodo di coltivazione. Questo rende più difficile per il consumatore valutare consapevolmente cosa sta acquistando, soprattutto in un settore dove l’apparenza “salutare” non sempre corrisponde alla realtà.