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La storia e i segreti del vero aceto balsamico tradizionale

Foto di kwistent

 

L’aceto balsamico è un ingrediente molto comune della cucina italiana e negli ultimi anni ha rinnovato la sua popolarità sulle nostre tavole. Quello che non tutti sanno è che la versione che siamo abituati ad acquistare nei supermercati ha poco a che fare con la ricetta originale che ha origini antichissime e segue un processo lungo e meticoloso per venire alla luce.

La storia di questo condimento si origina nell’antica Roma: conosciuto con il nome latino di sapa, già allora era ottenuto portando ad ebollizione il succo d’uva (altri storici collocano questa scoperta molto prima nel tempo, intorno al 3000 AC presso la cultura egizia). Nel corso dei secoli l’idea di invecchiare il sapa in botti di legno diventò popolare nelle zone dell’attuale Emilia-Romagna come dimostrato da un passaggio di un poema del XI secolo Vita Mathildis”  in cui si narra di un principe italiano che porta in dono il prezioso condimento a Enrico III di Francia. La popolarità dell’aceto balsamico  è cresciuta nel corso della storia e in alcuni testi del Rinascimento se ne fa menzione con il nome di “aceto del duca“.

 

Il condimento prende il nome a cui siamo abituati nel 1747 e infatti l’aggettivo “balsamico” compare per la prima volta in un inventario della casata nobiliare degli Este. L’etimologia dell’aggettivo e da ritrovarsi nel latino balsamum,  termine utilizzato per descrivere una pianta benefica, la cosa è probabilmente dovuta al fatto che durante il ‘700 l’aceto balsamico veniva utilizzato per curare la peste e ancora oggi molti medici sostengono che questo condimento sia un potentissimo alleato nel prevenire problemi di circolazione, digestione e diabete.

 

Veniamo al presente: per ottenere una boccetta di aceto balsamico tradizionale DOP ci sono delle regole e dei procedimenti molto precisi a cui attenersi. In primo luogo l’uva deve necessariamente provenire da viti delle province di Modena e Reggio Emilia e va colta verso la fine dell’autunno (periodo in cui l’uva trattiene la percentuale di zuccheri maggiore). Dopo aver pressato l’uva, il succo estratto va bollito finché non si riduce di circa la metà e successivamente va conservato per anni, travasato in botti di legno sempre più piccole, fino a ottenere  uno sciroppo denso e aromatico. Dopo un periodo minimo di 12 anni l’aceto balsamico viene accuratamente testato da un consorzio ufficiale.

 

 

Esitono due versioni dell‘aceto balsamico tradizionale: l'”affinato” che sta in botte 12 anni e l0 “stravecchio” che invecchia per 25 anni. Data la meticolosa produzione, una boccetta di aceto balsamico tradizionale “affinato” può costare dai 50 ai 100 euro per 100ml di prodotto, mentre la versione “stravecchio” può arrivare costare anche il doppio.

Le versioni che siamo soliti comprare al supermercato sono molto diverse: in primo luogo spesso mancano della denominazione DOP, vi sono alcuni brand che offrono aceto balsamico IGP e in questo caso la provenienza delle uve è grosso modo la stessa, ma il processo di invecchiamento è molto meno lungo e accurato. Le versioni più economiche (non IGP) presentano tra gli ingredienti aceto di vino e colorante caramello (E150D) e spesso non sono invecchiate per più di due mesi.

Se volete stupire i vostri commensali con un balsamo aromatico dalle proprietà benefiche, e non con un semplice condimento, dovrete essere disposti a spendere qualche euro in più, ma la soddisfazione ripagherà ampiamente i costi.

 

Matteo Scotini

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