Sembra impossibile da credere, eppure è così: nella nuova classifica mondiale dedicata alle migliori destinazioni gastronomiche, l’Italia è rimasta fuori dai primi posti. Un colpo al cuore per un Paese che ha fatto del cibo una forma d’arte, un’identità culturale e persino un motivo d’orgoglio nazionale.
Fino a poco tempo fa, Roma e Napoli rappresentavano l’eccellenza italiana nel panorama culinario internazionale, ma quest’anno le cose sono cambiate. Secondo i più recenti dati raccolti da portali e sondaggi globali simili a quelli usati nei Travellers’ Choice Awards di Tripadvisor le città italiane non compaiono tra le prime destinazioni gastronomiche del pianeta. Un risultato che lascia molti con l’amaro in bocca.
L’Italia non è nella top delle mete gastronomiche internazionali
Negli anni scorsi, Roma aveva dominato le classifiche internazionali del gusto grazie alla sua cucina autentica e senza tempo: carbonara, cacio e pepe, amatriciana, supplì e gelati artigianali avevano conquistato turisti da tutto il mondo. Non meno importante era Napoli, con la sua pizza riconosciuta Patrimonio Unesco e una tradizione dolciaria che racconta secoli di cultura popolare.
Eppure, stavolta la storia si è ribaltata. Le grandi capitali europee da Londra a Parigi, passando per Barcellona e alcune destinazioni emergenti come Marrakech e Lima, hanno guadagnato terreno, conquistando il palato dei viaggiatori internazionali. Una sorpresa che ha acceso il dibattito: come può l’Italia, patria della dieta mediterranea e simbolo della buona tavola, restare fuori dal podio del gusto?
Secondo gli esperti, i motivi potrebbero essere diversi. Da un lato, molte città straniere stanno puntando su innovazione e fusione culturale, creando esperienze gastronomiche nuove, capaci di attrarre un pubblico internazionale sempre più curioso. Dall’altro, l’Italia paga forse la forza della sua stessa tradizione: una cucina così radicata nella semplicità e nella territorialità può risultare meno “spettacolare” agli occhi dei viaggiatori in cerca di esperienze insolite.

C’è poi un aspetto legato alla percezione turistica, mentre altre capitali stanno investendo in storytelling culinario, festival gastronomici e format esperienziali, l’Italia sembra ancora affidarsi alla fama consolidata della sua cucina, senza rinnovare l’immagine del suo patrimonio gastronomico.
L’esclusione dell’Italia dalle città top del gusto non deve essere letta come una sconfitta definitiva, ma piuttosto come un invito alla riflessione. Il mondo cambia, le tendenze gastronomiche si evolvono, e forse è il momento di raccontare la cucina italiana con occhi nuovi: più contemporanei, inclusivi e consapevoli.
Dopotutto, anche se non siamo saliti sul podio, è difficile immaginare un mondo in cui un piatto di spaghetti al pomodoro, una pizza napoletana o un cannolo siciliano non siano sinonimo di felicità.

