Lo strudel di mele si conferma un classico intramontabile della tradizione dolciaria europea, in particolare della regione Trentino-Alto Adige, dove continua a rappresentare un simbolo gastronomico identitario. Questo dolce, ricco di storia e cultura, ha radici che affondano ben oltre i confini italiani, con legami profondi con la tradizione culinaria turca e mediorientale, in particolare con la celebre baklava.
Origini storiche e diffusione dello strudel: ingredienti e varianti del tradizionale e moderno
Le prime tracce di dolci simili allo strudel risalgono a documenti assiri dell’VIII secolo a.C., che descrivono dessert composti da strati sottili di sfoglia, miele e noci. Queste preparazioni si diffusero lungo la Via della Seta fino a giungere in Grecia e Turchia, generando la nascita di ricette come il güllaç – consumato soprattutto durante il Ramadan – e la baklava, un dolce a base di pasta fillo, burro, miele e frutta secca.
Nel 1526, con l’espansione dell’Impero Ottomano guidata da Solimano il Magnifico, lo strudel entrò in Ungheria, allora sotto dominio ottomano. Qui si iniziarono a utilizzare le mele – frutti in realtà “falsi”, come si evidenzia nelle ultime ricerche botaniche – insieme ai pinoli, sostituendo le noci tipiche della versione turca. Questo passaggio segnò la nascita della versione di strudel con quella che oggi è conosciuta come la “pasta matta”, impasto che si distingue dalla pasta fillo per una consistenza più friabile dovuta all’uso di olio, anziché esclusivamente acqua e farina.

L’arrivo dello strudel a Vienna, nel 1699, ne elevò lo status da dolce popolare a pietanza apprezzata nelle corti aristocratiche, arricchita con uvetta macerata nel liquore. Nel 1827, il dolce venne ufficialmente menzionato nel Grande libro di cucina viennese di Anna Dorn con il nome di Apfelstrudel (letteralmente “vortice di mele”), a testimonianza della sua affermazione nella cultura gastronomica europea.
Il ripieno classico dello strudel prevede l’uso di mele, preferibilmente Golden Delicious della Val di Non, apprezzate per la loro dolcezza, e le Renette, più sode e leggermente acidule, particolarmente indicate nei mesi invernali. A queste si aggiungono uvetta ammollata nel rum, noci o pinoli, cannella, zucchero e scorza di limone. Il pangrattato è spesso incorporato per assorbire l’umidità e conferire croccantezza.
L’involucro può variare tra pasta sfoglia, pasta frolla o pasta matta. La pasta sfoglia, composta da acqua, farina e burro, rappresenta un buon compromesso tra gusto e facilità di preparazione; la pasta frolla, più sostanziosa grazie alle uova, dà una struttura più compatta; la pasta matta, invece, è particolarmente sottile e leggera, valorizzando i sapori del ripieno, grazie all’impiego di pochi ingredienti semplici come acqua, olio e farina.
Due ricette d’autore con Richard Wieser
A Bolzano, nel cuore dell’Alto Adige, il pasticcere Richard Wieser, titolare della rinomata pasticceria I Dolci di Ricky (premiata con Due Torte dalla Guida Pasticceri & Pasticcerie d’Italia), propone due versioni di strudel: una fedele alla tradizione e una più innovativa, accompagnate anche da una versione salata con carciofi. Wieser sottolinea quanto la sfoglia sia il cuore della preparazione: “Dalla sfoglia sottile allo spessore giusto, ogni passaggio è decisivo per il risultato finale.”
Nella versione classica, l’impasto di pasta frolla viene preparato mescolando burro, zucchero, scorza di limone e vaniglia, seguito dall’aggiunta di latte e uova. Dopo un riposo notturno in frigorifero, la pasta viene stesa, farcita con un ripieno di mele, uvetta, noci, cannella, zucchero e pangrattato, quindi arrotolata e cotta a 160°C per circa 55 minuti.
La versione più creativa prevede l’uso di pere al posto delle mele, con un ripieno arricchito da pane tostato imburrato e noci. La sfoglia, lavorata con doppie pieghe e riposi intermedi, viene stesa e farcita allo stesso modo, per una cottura leggermente più lunga di 70 minuti. Questo strudel offre un profilo aromatico più morbido e avvolgente, ideale per chi vuole sperimentare senza rinunciare alla tradizione.