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Formaggio, il casaro svela il segreto: queste croste sono oro puro, altre invece fanno male

Mangiare o no la crosta del formaggio? Un esperto bergamasco chiarisce tutto con esempi concreti: ecco i formaggi sicuri, quelli da usare in cucina e quelli da scartare senza esitazioni.

by Diego Rossi
23 Agosto 2025
in Prodotti
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Casaro

Formaggio, il casaro svela il segreto: queste croste sono oro puro - dailyfood.it

Nel momento in cui arriva un tagliere di formaggi durante un aperitivo o portiamo a casa una forma artigianale acquistata in caseificio, la domanda spunta quasi sempre: questa crosta si può mangiare? Il dubbio è legittimo. Alcuni la masticano senza pensarci. Altri la scartano a prescindere. E qualcuno, magari, si limita ad annusarla.

A dare una risposta chiara è stato uno dei gestori dell’azienda agricola La Camosciata, nella provincia di Bergamo, che ha pubblicato un video diventato virale sui social, soprattutto fra chi frequenta mercatini e botteghe. Con esempi diretti e un linguaggio semplice, ha spiegato quali croste sono commestibili, quali invece andrebbero scartate per motivi igienici e quali possono rappresentare un pericolo per la salute.

Croste buone, croste da usare e croste da evitare: non sono tutte uguali

Il primo chiarimento riguarda i formaggi a crosta fiorita, come Brie e Camembert, ma anche molte produzioni italiane che usano muffe nobili selezionate. In questi casi la crosta è parte integrante del prodotto e va mangiata. Non a caso, l’esperto ha commentato: “Se la comprate e poi la togliete, lasciate perdere, è uno spreco”. La muffa bianca che riveste questi formaggi è commestibile, fa parte del processo di stagionatura e contribuisce al profilo aromatico.

Brie
Croste buone, croste da usare e croste da evitare: non sono tutte uguali – dailyfood.it

Un altro esempio citato è quello dello stracchino fresco, tipico delle zone lombarde. Quadrato, morbido, con una crosta sottile e chiara. “Va mangiato tutto, non va tolta la crosta perché non c’è nemmeno un vero rivestimento”, ha detto. In pratica è una pellicola che si forma naturalmente e non ha nulla di tossico o conservato.

Poi ci sono i formaggi stagionati: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Trentingrana. Qui la crosta è tecnicamente edibile, ma masticarla non è un’esperienza gradevole. Meglio grattarla e usarla nei brodi o nelle zuppe, come consigliato dallo stesso casaro. Stesso discorso per scamorza e provola affumicata, a patto che provengano da produzioni artigianali. Le versioni industriali, spesso trattate con conservanti, possono contenere sostanze non indicate al consumo diretto.

In sostanza, non tutte le croste sono fatte per essere buttate via, ma è fondamentale capire da dove proviene il formaggio, come è stato trattato e se sulla confezione sono presenti avvertenze specifiche.

Le croste da evitare sempre (anche se sembrano innocue)

Il video diffuso dall’azienda bergamasca contiene anche una lista di croste che non andrebbero mai ingerite. La prima categoria riguarda i formaggi industriali trattati con conservanti, in particolare con natamicina (E235). Questo tipo di additivo, utilizzato per impedire la crescita di muffe, viene spesso applicato solo sulla crosta e rende il rivestimento non edibile. Sulla confezione si trova scritto chiaramente “crosta non edibile” ma non tutti ci fanno caso. È il caso di alcuni Pecorini, Caprini confezionati, Asiago, Montasio, Fontal, Provolone e Caciocavallo di tipo industriale.

Altri formaggi, come il Gouda, l’Edamer o certe caciotte da banco, presentano croste cerate o paraffinate, pensate solo per la protezione durante la stagionatura e non adatte al consumo umano. La cera può contenere residui di coloranti, agenti chimici e materiali non alimentari.

Discorso a parte meritano i formaggi erborinati, come il Gorgonzola, il Roquefort e lo Stilton. La muffa interna è pregiata e sicura, ma la crosta esterna è considerata non commestibile, come stabilito anche nel disciplinare ufficiale del Gorgonzola.

Infine, le croste lavate – presenti in formaggi come il Taleggio o il Puzzone di Moena – vengono trattate con batteri vivi per sviluppare aromi molto intensi. Ma queste superfici sono anche un ambiente perfetto per batteri meno desiderabili, e quindi è meglio eliminarle.

Capire la differenza tra crosta commestibile e crosta da rimuovere non è solo questione di gusto, ma riguarda direttamente la sicurezza alimentare e la consapevolezza del consumatore. Un piccolo gesto, come leggere un’etichetta o chiedere al casaro, può evitare errori. E nei casi dubbi, meglio scegliere l’uso in cucina: un pezzo di crosta ben cotto può profumare una minestra meglio di mille spezie.

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