Ogni estate, nel cuore di agosto, il cortile di nonna Emilia si trasformava in una piccola fabbrica casalinga. Cassette piene di pomodori maturi, pentoloni sul fuoco, bottiglie di vetro allineate e mani operose che si alternavano tra lavaggi, tagli e imbottigliamenti. Era il giorno della passata, un rito familiare che profumava di basilico fresco e di risate. Le famiglie portavano i propri pomodori, spesso raccolti all’alba nell’orto, e insieme si lavorava per riempire più bottiglie possibile. La giornata finiva tra stanchezza e soddisfazione, con la consapevolezza di aver messo da parte l’estate in bottiglia. La passata di pomodoro non era solo un modo per conservare, ma un vero atto d’amore: significava portare in tavola il sole dell’estate anche nei mesi più freddi.
La ricetta della passata di pomodoro fatta in casa
Per ottenere circa dieci bottiglie da un litro servono 10 chili di pomodori cuore di bue maturi, un mazzetto di basilico fresco e sale. I pomodori, lavati e privati del picciolo, venivano tagliati a quarti e cotti per mezz’ora fino a disfarsi. Poi passati al setaccio per eliminare bucce e semi, tornavano sul fuoco con basilico e sale per altri 15 minuti.

Nel frattempo le bottiglie venivano sterilizzate in acqua bollente. La passata, versata ancora bollente, veniva chiusa con tappi nuovi, capovolta e avvolta in coperte per garantire il sottovuoto. Dopo 24 ore di raffreddamento, le bottiglie erano pronte per essere riposte in dispensa, dove potevano restare perfette fino all’estate successiva. Era un piccolo rito che assicurava scorte genuine e un sapore inconfondibile. Non mancava mai quel dettaglio di attenzione: controllare che i tappi non “saltassero”. Se accadeva, significava che la sterilizzazione non era stata fatta correttamente o che i pomodori avevano fermentato. Per evitarlo, bisognava rispettare regole precise: usare solo frutti sani e maturi, sobbollire abbastanza a lungo, riempire le bottiglie quando il sugo era ancora bollente e, per ulteriore sicurezza, pastorizzare tutto in acqua bollente per mezz’ora.
Dal sugo “finto” al pranzo della domenica
La passata era la base neutra, ma nonna Emilia preparava anche il cosiddetto sugo finto, una variante ricca di aromi che profumava la cucina la domenica mattina. Non conteneva carne, ma cipolla, sedano, carota e aglio soffritti lentamente in olio extravergine d’oliva, poi insaporiti con passata di pomodoro, basilico e rosmarino.
Il risultato era un sugo pronto, comodo da conservare in vasetti sterilizzati e perfetto per i pranzi veloci. Bastava aprirne uno per ritrovare il sapore del pranzo in famiglia, con la stessa cura e passione delle preparazioni più elaborate. Questa tradizione, fatta di gesti semplici e ripetuti di anno in anno, ha insegnato che la cucina non è solo nutrimento ma memoria condivisa. Preparare la passata di pomodoro resta un modo per tramandare ricordi e valori, custodendo in ogni bottiglia un pezzo di estate da ritrovare nei piatti invernali.