In Italia ci sono borghi che custodiscono memorie di pietra, antiche ricette e rituali che resistono alle mode. Tra questi esiste un luogo di montagna in cui il caciocavallo non è soltanto un prodotto da portare in tavola, ma un simbolo vivo di comunità. Qui il formaggio racconta i ritmi delle stagioni, le ore passate nei pascoli e la sapienza di mani che, ancora oggi, modellano la pasta filata come si faceva un tempo. È un borgo in cui l’atmosfera sa di latte caldo, legna e vento d’altura, e dove ogni forma appesa alle travi diventa un frammento di storia condivisa.
Il caciocavallo: molto più di un semplice formaggio
Nel tempo ogni territorio ha sviluppato la propria identità: dal Caciocavallo Silano DOP, diffuso tra Calabria, Basilicata, Campania, Molise e Puglia, ai profumatissimi caciocavalli prodotti con latte di razza Podolica. In Sicilia, invece, il dialogo tra queste paste filate e tradizioni come quella del Ragusano dà vita a sapori complessi e profondi.
In cucina il caciocavallo è un vero jolly. Quando è giovane è perfetto da taglio, fresco e delicato. Con la media stagionatura cambia carattere, si presta alla griglia o al classico ‘tegamino’, sciogliendosi in una cremosità irresistibile. Se stagionato oltre l’anno diventa deciso, perfetto per essere grattugiato su piatti robusti e pani rustici, abbinato a composte, mieli e vini rossi che ne esaltano il carattere.
Nel cuore del Parco delle Madonie, Geraci Siculo rappresenta il vero Paese del caciocavallo. Qui l’altitudine, l’aria fresca e la presenza di sorgenti naturali creano un microclima ideale per l’allevamento e per la lenta maturazione delle paste filate. Nei caseifici di famiglia la lavorazione mantiene un valore quasi rituale: il latte arriva dalle aziende del territorio, la filatura è rigorosamente manuale, la formatura e la legatura seguono gesti tramandati di generazione in generazione. Le forme riposano in locali freschi e ventilati, impregnandosi dei profumi di erbe e fieno che caratterizzano la zona.

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Oltre al gusto, Geraci Siculo offre scorci che restano impressi. Il Belvedere del ‘Salto dei Ventimiglia’ regala una vista sospesa sulle Madonie, una balconata che sembra sfiorare la valle. Tra vicoli di pietra si raggiungono i ruderi del Castello dei Ventimiglia, testimonianza del Medioevo siciliano, e la Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore con le sue opere sacre. Poco più in là, le chiese di San Bartolomeo e San Giuliano custodiscono altari e tele che raccontano secoli di devozione.
Fuori dal centro abitato, i sentieri del Parco delle Madonie invitano a camminare tra faggi, agrifogli monumentali e alture silenziose. Qui ogni passeggiata diventa un’occasione per immergersi nella natura, magari con un panino farcito proprio con il caciocavallo locale
