Ogni anno in Italia, decine di chili di cibo vengono sprecati a persona, generando non solo un significativo spreco economico, ma anche un impatto ambientale notevole. Una delle principali cause di questo fenomeno è la scarsa comprensione delle informazioni riportate sulle etichette alimentari.
Molti consumatori, infatti, non sanno distinguere tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione (TMC), finendo per gettare alimenti che sono ancora perfettamente sicuri da mangiare.
Scadenza vs TMC: le differenze fondamentali
È fondamentale chiarire la differenza tra la data di scadenza e il TMC. La data di scadenza si trova su prodotti altamente deperibili, come pesce crudo, carne e formaggi freschi, ed è indicata con la dicitura “da consumare entro”. Questa informazione è cruciale, poiché superare tale data potrebbe comportare rischi per la salute. Gli alimenti oltre la data di scadenza possono sviluppare batteri patogeni, che, se consumati, possono causare intossicazioni alimentari.

D’altra parte, il TMC è indicato con la frase “da consumarsi preferibilmente entro”. Questa espressione suggerisce che il prodotto può essere consumato anche dopo la data indicata, sebbene possa aver perso parte delle sue caratteristiche sensoriali, come gusto, aroma e consistenza. È importante sottolineare che, trascorso il termine, il prodotto non presenta necessariamente rischi per la salute, a condizione che sia stato conservato in modo appropriato e che non mostri segni evidenti di alterazione, come cambiamenti nell’aspetto, nell’odore o nel sapore.
Per facilitare i consumatori nella loro scelta, è utile avere a disposizione una tabella che sintetizzi le indicazioni su vari alimenti freschi e confezionati. Questa tabella offre informazioni chiare su quando un prodotto può essere consumato anche oltre la data di scadenza e quando, invece, è consigliabile non rischiare.
Un aspetto cruciale da considerare riguarda la corretta conservazione degli alimenti, in particolare quelli refrigerati. Infatti, le indicazioni relative alla scadenza e al TMC sono valide solo se vengono rispettate le temperature di conservazione raccomandate. A seconda del tipo di alimento, queste temperature possono variare da 1-2°C fino a 4-5°C. È fondamentale mantenere queste temperature sia durante il trasporto che quando gli alimenti si trovano nei banchi frigo dei negozi e nel frigorifero domestico.
Un recente studio dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie ha messo in luce un dato allarmante: in Italia, la temperatura media dei frigoriferi domestici è di circa 7,4°C, ben oltre il limite raccomandato per la conservazione di molti alimenti. Questo significa che, sebbene un alimento possa essere tecnicamente ancora “buono” dopo la sua data di scadenza, il rischio di deterioramento aumenta significativamente se la temperatura di conservazione non è adeguata. Un frigorifero che non mantiene la giusta temperatura può compromettere la sicurezza degli alimenti, anche se questi non hanno superato la data stampata sull’etichetta.
Per aiutare i consumatori a orientarsi tra le etichette, è utile considerare alcuni suggerimenti pratici. Prima di tutto, è consigliabile prestare attenzione alla data di scadenza e al TMC, ma anche osservare l’aspetto degli alimenti. Se un prodotto appare alterato, con colori insoliti o un odore sgradevole, è meglio non consumarlo. Anche la consistenza è un indicatore importante: ad esempio, se un formaggio presenta una patina di muffa non prevista, potrebbe essere un segnale di deterioramento.
Inoltre, è fondamentale considerare il periodo di tempo trascorso dall’apertura di un prodotto. Molti alimenti confezionati, come salse o condimenti, possono avere una durata limitata dopo l’apertura, anche se la data di TMC non è ancora scaduta. È quindi importante controllare le indicazioni relative alla conservazione una volta aperto il prodotto.