Se hai acquistato salmone fresco al banco pesce, ti sarà capitato di notare delle strisce bianche che attraversano la carne rosa del filetto. Alcuni le ignorano, altri si chiedono se siano un indice di scarsa qualità o, peggio, di un prodotto dannoso per la salute. Quelle striature, più o meno larghe a seconda del taglio, non sono semplici variazioni visive. Al contrario, raccontano qualcosa di preciso sul tipo di allevamento e sulla composizione del pesce che stai per mangiare. E proprio per questo è utile sapere cosa osservare e quali scelte fare quando ci si trova davanti a diverse opzioni.
Cosa indicano le striature bianche sul salmone
Quelle linee bianche che si vedono all’interno del filetto di salmone sono grasso intramuscolare. Il loro numero e spessore variano, ma la loro presenza può offrire indizi rilevanti. Un salmone con striature molto evidenti tende ad avere un contenuto lipidico maggiore rispetto a uno con carne più compatta e uniforme. Questo si verifica più frequentemente nei salmone d’allevamento, in particolare quelli cresciuti in condizioni intensive.
Negli allevamenti dove i pesci hanno poco spazio per muoversi e vengono alimentati con mangimi ricchi di grassi, il risultato è una crescita più rapida e una carne visibilmente più grassa. Questo perché l’attività fisica limitata non permette di bruciare i nutrienti in eccesso, che si accumulano nei muscoli sotto forma di grasso. Al contrario, un salmone selvatico, che nuota per lunghe distanze in mare aperto, tende ad avere una carne più magra, priva di striature marcate.

Va detto che alcune specie di salmone presentano naturalmente un maggiore contenuto di grassi. Ma quando si parla di allevamento intensivo, la differenza si nota non solo nella composizione, ma anche nel valore nutrizionale degli acidi grassi presenti.
Strisce bianche e salute: è solo una questione estetica?
Le striature bianche non sono automaticamente un segnale negativo. Il grasso del salmone, infatti, contiene acidi grassi omega-3, fondamentali per il benessere del cuore e delle arterie. Il problema nasce solo quando questi grassi sono in eccesso o di qualità scadente, come può succedere nei pesci nutriti con mangimi sbilanciati.
Un consumo abituale di salmone molto grasso può aumentare l’apporto di grassi saturi, e in alcuni casi, se abbinato a una dieta povera di fibre e vegetali, non rappresenta la scelta migliore. L’ideale è orientarsi verso salmone allevato in modo estensivo, in strutture che garantiscono più spazio, meno stress e alimentazione più naturale. Questo influisce direttamente sulla qualità del grasso, rendendolo più simile a quello del salmone selvatico.
Occhio anche alla consistenza della carne: un filetto fresco ha una struttura soda, con un colore rosa intenso e uniforme. Le striature non devono essere dominanti né troppo spesse. In sintesi, non si tratta solo di estetica, ma di un segnale concreto sulla storia del pesce.
Quando possibile, informati sull’origine e sulle pratiche di allevamento. Alcune confezioni riportano già queste informazioni in etichetta. E anche se il salmone selvatico resta una delle opzioni più pregiate, molti allevamenti certificati offrono oggi un prodotto equilibrato, sostenibile e nutrizionalmente valido. Basta sapere dove guardare.