Nella dieta mediterranea pochi alimenti sono protagonisti quanto il pomodoro. Anche se originario delle Americhe, oggi è parte della nostra identità culinaria. D’estate lo gustiamo al massimo della stagionalità, ma in realtà appare sulle tavole tutto l’anno: in insalata, sulla pizza, nei sughi veloci, nei panini e nella passata fatta in casa. Una presenza costante nei carrelli della spesa e nelle cucine, al punto che spesso lo si acquista senza nemmeno guardarlo con attenzione.
La sua versatilità lo rende quasi insostituibile. Eppure, proprio perché lo consumiamo così spesso, è importante sapere cosa portiamo nel piatto. Alcuni controlli recenti hanno rilevato una forte presenza di residui di pesticidi in pomodori provenienti da specifiche aree di importazione. Per chi compra tutto l’anno, è un’informazione che stimola maggiore prudenza e forse un po’ di curiosità su come muoversi per una scelta più consapevole.
Quali pomodori mostrano più residui e cosa significa davvero
I controlli hanno coinvolto pomodori prodotti in diversi Paesi e hanno messo in luce differenze nette. Sono stati testati pomodori provenienti da Francia, Spagna e Marocco. Dai dati è emerso che le partite arrivate da Spagna e Marocco presentavano con frequenza molto superiore tracce di più pesticidi sulla stessa unità di prodotto. Non si parla solo di quantità, ma anche di tipologie di sostanze: in alcuni casi, i fitofarmaci rilevati sono classificati come possibili interferenti endocrini, cioè molecole che potrebbero agire sul sistema ormonale.
Le cifre parlano chiaro: circa l’80% dei campioni spagnoli e marocchini presentava residui di pesticidi. E, già, quasi nella metà dei casi erano presenti sostanze con potenziale azione sui meccanismi endocrini. Il dato importante, però, è che nessuno dei valori superava i limiti consentiti dalla legge. Il prodotto resta quindi considerato idoneo al commercio.

Questo porta a un punto importante: il rischio non nasce dall’esposizione singola, ma dalla continuità dei consumi. Se un alimento viene mangiato tutti i giorni, 365 giorni l’anno, come accade spesso con i pomodori, anche tracce giudicate “accettabili” possono generare dubbi nel lungo periodo, soprattutto per bambini e persone più sensibili.
È bene ricordare che l’Italia importa pomodori da quei Paesi. E anche se i controlli sanitari sono applicati con rigore sul territorio nazionale, non sarebbe realistico pensare di essere del tutto fuori da queste dinamiche. Quando prendiamo una confezione al supermercato e non guardiamo la provenienza, potremmo non sapere cosa stiamo portando in tavola.
Come scegliere pomodori più sicuri tutto l’anno
Questa situazione non deve spaventare, ma invitare a osservare con un po’ più di attenzione l’etichetta. Il paese di coltivazione è indicato e può guidare la scelta in modo più informato.
Chi vuole ridurre l’esposizione ai pesticidi può puntare sulle produzioni biologiche e soprattutto sul km zero, dove il rapporto tra consumatore e produttore è diretto e trasparente. Non è sempre possibile trovare pomodori locali fuori stagione, ma forse questo è un promemoria interessante: seguire di più la stagionalità aiuta non solo a mangiare meglio, ma anche a ridurre l’impatto ambientale dovuto al trasporto e alle coltivazioni intensive fuori clima.
Lavare accuratamente il prodotto non elimina del tutto i residui che entrano nella buccia, ma aiuta comunque. Esistono tecniche casalinghe con acqua e bicarbonato che possono migliorare la rimozione superficiale. Una scelta più consapevole non toglie il piacere del pomodoro ogni tanto, ma crea un consumo più responsabile rispetto alle abitudini di acquisto impulsive.
I pomodori restano un simbolo della cucina italiana e un alimento ricco di proprietà. Le analisi mostrano che si può continuare a consumarli senza ansie, ma con un pizzico di attenzione in più verso provenienza, qualità e stagionalità. È un modo per proteggere la salute di chi amiamo e, allo stesso tempo, sostenere pratiche agricole più sostenibili.

