Fare la spesa, per molte famiglie italiane, non è più un gesto leggero come un tempo. Tra prezzi che oscillano e scaffali pieni di prodotti dai mille reclami pubblicitari, scegliere diventa quasi un piccolo esame quotidiano. Eppure, un aiuto concreto sta arrivando proprio dalle etichette: il Nutri-Score, quel sistema a lettere e colori che in pochi secondi ti dice se stai mettendo nel carrello qualcosa di sano o meno. Non è un dettaglio per tante famiglie a basso reddito, questo strumento sta facendo davvero la differenza.
Uno studio dell’Università di Napoli Federico II, pubblicato su Food Policy , ha confermato quello che molti già intuivano: quando le informazioni sono semplici, visibili e senza giri di parole, le persone si sentono più sicure nelle proprie scelte alimentari.
Perché il Nutri-Score piace tanto
Il Nutri-Score funziona in modo intuitivo: una scala che va dalla A verde alla E rossa, con colori e lettere che sintetizzano la qualità nutrizionale di un alimento. Niente lunghe tabelle da interpretare o numeri che rischiano di confondere: basta un’occhiata per capire se quel prodotto può entrare nella routine quotidiana o se è meglio lasciarlo per le occasioni speciali.
Secondo la ricerca, oltre il 70% degli intervistati ha espresso un parere positivo, collocando il Nutri-Score tra le politiche più gradite insieme alle classiche campagne educative. Non solo: è stato giudicato anche lo strumento più efficace nel guidare le scelte, con un impatto percepito sia sul proprio carrello sia su quello degli altri.

Per le famiglie con un reddito più basso, la spesa è spesso una questione di compromessi: si guarda al prezzo, certo, ma senza voler rinunciare del tutto alla qualità. Ecco perché il Nutri-Score rappresenta una piccola rivoluzione, permette di orientarsi senza sentirsi obbligati, semplicemente dando un’informazione chiara e immediata.
Il bello è che non viene percepito come “invadente”, rispetto a misure più drastiche come la tassazione dei cibi poco salutari, il Nutri-Score lascia libertà di scelta, offrendo però un supporto concreto. In pratica, non dice “non comprare”, ma ti invita a riflettere, un approccio più gentile che sembra funzionare molto di più.
Nello stesso studio, altre strategie come i messaggi motivazionali sugli scaffali o il cambio a disposizione dei prodotti non hanno convinto altrettanto. Forse perché modificare le abitudini radicate senza offrire un beneficio subito visibile. La tassazione, invece, è stata vista come la più fastidiosa, percepita più come una punizione che come un aiuto.