Scatta l’allerta per alcuni biscotti del supermercato che, dietro promesse di benessere e naturalità, celano realtà ben diverse da quelle immaginate dai consumatori.
Tra le offerte allettanti sugli scaffali, è fondamentale controllare attentamente l’etichetta e la denominazione riportata sulle confezioni, per evitare di cadere in trappole linguistiche e commerciali.
La differenza tra denominazione commerciale e denominazione legale
Quando scegliamo un prodotto, la prima cosa che cattura la nostra attenzione è la denominazione di vendita. Questa, però, può risultare ingannevole: la normativa italiana distingue nettamente tra denominazione legale e denominazione commerciale del prodotto. La denominazione legale deve rispecchiare fedelmente la composizione dell’alimento, seguendo criteri rigorosi, mentre quella commerciale gode di una maggiore libertà espressiva. Questo margine di manovra consente ad alcuni produttori di utilizzare termini suggestivi e immagini evocative per indurre i consumatori a percepire il prodotto come più genuino o salutare di quanto non sia in realtà.
Parole come “naturale”, “autentico”, “tradizionale” o “fonte di fibre” sono spesso utilizzate strategicamente per creare un effetto positivo immediato, accompagnate da immagini di cereali dorati o spighe di grano. Un esempio concreto riguarda la definizione “biscotto integrale”. Per legge, un prodotto può essere definito tale anche se contiene solo il 51% di farina integrale, mentre il restante 49% può essere costituito da farina raffinata. Questa informazione cruciale, però, è raramente evidenziata sulla confezione, che invece esalta la presenza della componente integrale senza specificarne l’effettiva proporzione. Un’altra pratica diffusa è l’aggiunta di crusca alla farina bianca per simulare il sapore e l’aspetto dell’integrale autentico.
In questi casi, la denominazione può indicare formule come “con fibre aggiunte” o “arricchito con crusca” che, pur essendo corrette dal punto di vista tecnico, nascondono la mancanza di una lavorazione integrale vera e propria. Questi artifici diventano ancora più insidiosi durante i periodi di offerta, quando la spinta all’acquisto è favorita da prezzi scontati e da un minor tempo dedicato all’analisi delle etichette. Questo fenomeno psicologico, noto come “euristica della disponibilità”, porta i consumatori a fidarsi delle informazioni più visibili e immediate, spesso tralasciando una valutazione più approfondita.

Per difendersi da queste pratiche è essenziale sviluppare un approccio critico alla lettura delle etichette. La lista degli ingredienti, disposta in ordine decrescente di quantità, rappresenta la fonte più affidabile per comprendere la reale composizione del prodotto. È importante:
- Verificare la posizione della farina integrale nella lista ingredienti per capire la sua effettiva presenza.
- Controllare la presenza di zuccheri aggiunti che possono nascondersi sotto nomi diversi.
- Valutare la percentuale reale di componenti integrali quando è dichiarata.
- Analizzare il rapporto tra denominazione commerciale e composizione reale per evitare di lasciarsi influenzare da termini fuorvianti.
Alcune formulazioni nelle denominazioni commerciali dovrebbero immediatamente destare sospetti. Espressioni come “al gusto di” o “con note di” spesso indicano l’uso di aromi artificiali piuttosto che ingredienti naturali. Inoltre, un eccessivo uso di aggettivi positivi in una singola denominazione può essere un tentativo di mascherare carenze qualitative del prodotto. Molti biscotti che vantano caratteristiche di naturalità contengono invece liste ingredienti lunghe, con additivi, conservanti e aromi sintetici. Questo scostamento tra aspettative e realtà può tradursi in un costo nascosto per il consumatore, che spesso paga un prezzo superiore per qualità inesistenti.
Ogni consumatore ha il diritto di ricevere informazioni chiare, veritiere e non ingannevoli sui prodotti acquistati. Quando la denominazione commerciale induce in errore o crea aspettative non corrispondenti al contenuto reale, ci troviamo di fronte a una pratica commerciale scorretta, che può essere segnalata alle autorità competenti. La consapevolezza e l’educazione alla lettura delle etichette rappresentano armi indispensabili per tutelare la salute, il portafoglio e i diritti di chi acquista.
Un approccio metodico e informato contribuisce inoltre a promuovere trasparenza nel mercato, spingendo i produttori verso una comunicazione più corretta e rispettosa dei consumatori. La prossima volta che vi imbattete in un’offerta di biscotti integrali, prendetevi qualche minuto in più per esaminare l’etichetta: potrebbe fare la differenza tra un acquisto consapevole e una delusione dietro un’etichetta ingannevole.