In tutta Italia cresce la preoccupazione per un fenomeno che tocca la vita quotidiana di milioni di persone. La cosiddetta “truffa del supermercato 2.0” non ha a che fare con carte di credito o truffe online, ma con la spesa che si fa ogni giorno sotto casa. Secondo numerose segnalazioni raccolte dalle associazioni dei consumatori, molti prodotti alimentari vengono venduti con confezioni ridotte, ma con prezzi identici o persino maggiorati rispetto al passato. Un cambiamento sottile, quasi invisibile, che spesso il cliente nota solo una volta arrivato a casa, confrontando il peso o il formato. L’inganno, seppur legale nella maggior parte dei casi, si basa su tecniche poco trasparenti che spingono chi fa la spesa a pagare più del dovuto, senza accorgersene.
Come cambiano confezioni e prezzi nei punti vendita
Molti supermercati hanno introdotto cambiamenti nei formati dei prodotti, riducendo il contenuto netto pur lasciando invariato l’aspetto esteriore delle confezioni. È il caso, ad esempio, delle verdure già pronte al consumo o delle insalate in busta, che negli ultimi mesi hanno perso grammi ma visto aumentare il prezzo al chilo. La strategia si basa sull’idea che il cliente, abituato a un certo prezzo per quel tipo di articolo, non si accorga subito del cambiamento.
Non mancano i casi di prodotti “premium” che nascondono un peso ridotto sotto confezioni ingombranti. Alcuni pacchi di pasta o biscotti, ad esempio, mostrano in bella vista un design accattivante, ma solo leggendo l’etichetta si scopre che il peso è sceso da 500 a 400 grammi. Anche i succhi di frutta e le confezioni di affettati seguono lo stesso schema.

Secondo quanto riferito da operatori del settore e da alcuni sindacati di categoria, queste pratiche si sono intensificate nell’ultimo anno, soprattutto in concomitanza con l’aumento dei costi energetici e della filiera alimentare. Il risultato è un sistema in cui il consumatore paga di più per avere meno, senza che vi sia un aumento della qualità o una giustificazione trasparente.
Frutta pretagliata e confezionata: il falso mito della comodità
Un’altra pratica che sta sollevando critiche riguarda la vendita di frutta tagliata e confezionata nei banchi frigo, avvolta in pellicole e proposta come soluzione “comoda” per chi ha poco tempo. In realtà, questo tipo di prodotto presenta diversi problemi. Innanzitutto, la shelf-life è molto più breve rispetto alla frutta intera: una volta tagliata, la frutta comincia a ossidarsi rapidamente, perdendo gusto, consistenza e proprietà nutritive.
A peggiorare la situazione, le condizioni di conservazione nei supermercati non sempre rispettano le temperature ideali, e la frutta, già in fase di deterioramento, viene venduta a prezzi più alti rispetto alla versione sfusa. Spesso, chi acquista non è consapevole del fatto che sta pagando un surplus solo per il taglio e l’imballaggio, senza reali vantaggi in termini di durata o sicurezza alimentare.
Ci sono anche dubbi sulla reale freschezza di questi prodotti. In alcuni casi, frutta prossima alla scadenza viene tagliata, confezionata e rivenduta sotto una nuova etichetta, con una nuova data. Le autorità sanitarie hanno avviato controlli a campione, ma i risultati non sempre arrivano in tempo per bloccare le vendite sospette. La trasparenza delle etichette e il rispetto della catena del freddo sono diventati elementi centrali nella valutazione della qualità di questi prodotti.
In definitiva, chi acquista frutta confezionata dovrebbe controllare con attenzione data di confezionamento, peso netto, origine e condizioni di conservazione, cercando di capire se il gioco vale davvero la candela. Il rischio, altrimenti, è quello di pagare un prezzo alto per un prodotto già compromesso.