Dagli archivi storici dell’alimentazione siciliana emerge un piatto antico, umile ma ricco di significato: i milinfanti. Questa pastina, di origine medievale, compariva già nei registri di spesa dei monasteri del Seicento, insieme a pasta, cous cous e riso, confermando quanto i carboidrati fossero parte integrante della dieta quotidiana dell’isola. Oggi il piatto è quasi scomparso in Sicilia, ma sopravvive in Puglia con il nome di milaffanti o tridda.
Origini linguistiche e usi nella tradizione siciliana
Il termine milinfanti ha una storia linguistica intricata. Secondo il linguista G. Alessio, deriverebbe dal tardo latino bonifatus, poi passato in Toscana come manifatoli, in area senese-aretina come bonifatali o bonifatoli, fino a diventare in Sicilia melinfanti o milinfanti. Nei vocabolari dell’Ottocento, Giuseppe Biundi lo definiva come un composto di semola e uova simile al cous cous, mentre Traina annotava che la versione più grossa era chiamata “capuliata” in alcune zone dell’isola.

Non si trattava solo di un piatto casalingo. Documenti dell’Ospedale Civico di Palermo del 1843 attestano che il milinfanti in brodo era servito ai malati per le sue qualità: leggero, digeribile e nutriente. La ricetta tradizionale, descritta nel 1807 da Michele Angelo Manicone nella sua Fisica Appula, prevedeva semola o pane bianco grattugiato, rossi d’uovo, prezzemolo tritato, sale, pepe e, a piacere, zafferano. Le piccole palline di pasta, modellate con il palmo della mano, venivano cotte in brodo abbondante e servite con parmigiano o caciocavallo.
Dal Seicento alla cucina moderna
Sebbene oggi sia raro trovarlo sulle tavole siciliane, il piatto mantiene un legame forte con la cucina contadina del passato. Nei secoli, la preparazione è rimasta quasi invariata: semola di grano duro, uova, formaggio stagionato, prezzemolo e una lavorazione manuale per ottenere granelli di dimensioni simili. Dopo un’ora di asciugatura, la pastina viene immersa in brodo di carne bollente e lasciata cuocere finché non raggiunge la giusta consistenza.
Il milinfanti rappresenta un esempio di come la cucina povera sapesse sfruttare ingredienti semplici per creare un piatto sostanzioso e adatto a tutte le età. In passato era un alimento quotidiano nei monasteri, un sostegno per i malati negli ospedali e un conforto nelle case contadine durante l’inverno. La sua quasi scomparsa in Sicilia è legata ai cambiamenti nelle abitudini alimentari e alla diffusione di paste industriali più rapide da preparare.
Oggi, chi desidera riportarlo in tavola trova nella ricetta tradizionale un ponte diretto con la storia gastronomica dell’isola. Prepararlo significa riscoprire un pezzo di cultura materiale siciliana, fatta di gesti semplici e sapori autentici, che hanno attraversato secoli di storia senza perdere il loro valore nutrizionale e simbolico.