In Abruzzo, dove la cucina affonda le radici nella terra e nelle stagioni, c’è un piatto che sfugge alle regole e sorprende al primo assaggio. I ravioli dolci al sugo, preparati ancora oggi nelle cucine del borgo di Navelli, uniscono dolce e salato in modo netto, senza mezze misure. A vederli, sembrano normali ravioli. Ma all’interno custodiscono un ripieno inaspettato: ricotta di pecora, zucchero e cannella, ingredienti che raccontano una lunga storia di gesti familiari e domeniche in campagna. Non è una variante moderna, né un esperimento di chef: è una ricetta antica, conservata dalle famiglie e tramandata con precisione.
Navelli e la storia di un piatto fuori dal tempo
Tutto comincia a Navelli, in provincia de L’Aquila, paese noto per lo zafferano, ma che custodisce anche una delle ricette più curiose dell’intera regione. Qui, da generazioni, si preparano ravioli che sembrano pensati per il dolce, ma che finiscono nel sugo di pomodoro. Il contrasto è netto, marcato. Il primo morso spiazza, poi conquista.
La tradizione prevede l’uso di ricotta di pecora, un formaggio forte, saporito, che viene dolcificato con zucchero e profumato con cannella. Non c’è bisogno di grandi variazioni: ogni ingrediente ha un ruolo preciso. Anche la sfoglia è fatta secondo metodo classico: uova, semola rimacinata, un tocco di farina 0 per dare elasticità. Le mani, ancora oggi, fanno tutto. Il sugo viene preparato lentamente, partendo da una cipolla stufata in olio d’oliva, seguita da pomodori pelati e basilico fresco. Deve cuocere almeno un’ora.

Il contrasto tra il ripieno dolce e l’acidità del pomodoro è la chiave di questo piatto. Non ci sono compromessi: o piace, o si resta interdetti. Ma chi cresce con questa tradizione non la dimentica più. Ogni famiglia ha le sue dosi, il suo equilibrio tra dolcezza e sapore. Ogni morso porta con sé il ricordo di chi ha impastato, riempito, sigillato quei ravioli con cura.
Ripieno, sfoglia e sugo: un equilibrio tramandato
Il ripieno viene preparato in pochi minuti: ricotta, tuorlo, zucchero, cannella. Si mescola fino a ottenere una crema compatta e aromatica. Intanto la pasta, una volta impastata, riposa per qualche minuto. Poi si stende in sfoglie sottili, si dispone il ripieno a piccoli mucchietti, si chiude con attenzione, sigillando i bordi con i rebbi di una forchetta. Ogni raviolo deve essere ben chiuso, per evitare che il ripieno fuoriesca durante la cottura in acqua bollente.
Una volta scolati, i ravioli si tuffano nel sugo, si girano con delicatezza, e vanno in tavola ancora fumanti. Una spolverata di parmigiano completa il piatto. È un gesto che può sembrare curioso, vista la dolcezza del ripieno, ma che in realtà esalta l’insieme. In Abruzzo è così da sempre.
La particolarità di questi ravioli non è solo nella ricetta, ma in ciò che rappresentano. Sono un piatto da condividere, da cucinare in compagnia. Spesso la domenica, quando i ritmi si rallentano e si ritorna alla cucina fatta in casa. Sono ravioli che non si comprano, si fanno. E ogni volta sono un po’ diversi, perché ogni mano impasta a modo suo, ogni casa ha il suo equilibrio.
Questo piatto non è nato per stupire, ma per riunire. E lo fa ancora oggi, ogni volta che un abruzzese lo prepara, lo serve, lo racconta. Perché tra zucchero e sugo, tra ricotta e pomodoro, c’è la storia di una cucina viva, che non ha mai avuto paura di mescolare i contrasti.