Osteria Rabezzana: gli agnolotti più antichi di Torino

Tutto quello che volevate sapere sulla famosa osteria collegata con il pastificio più antico del capoluogo sabaudo. La storia di una famiglia che custodisce il segreto degli agnolotti da più di un secolo.


Parlare di Osteria Rabezzana a Torino vuol dire parlare di una tradizione di uomini e donne con le mani in pasta da quasi un secolo. Il pastificio più antico del capoluogo sabaudo nasce nel 1911 dal padre Francesco, prima in via Nizza e poi più in centro in via santa Teresa. Una tradizione proseguita per generazioni dai figli della famiglia Giustetto.

L’esterno del locale  L’esterno del locale

Tajarin, gnocchi, semolini e pasta fresca ma soprattutto agnolotti, quelli di una volta, quelli che imbevuti nel brodo rimangono sodi ma morbidi, venduti rigorosamente alla dozzina. Purtroppo Luigi e Anna ci hanno lasciati di recente, ma il nipote Franco Rabezzana, titolare dell’osteria adiacente, si è messo al timone e continua ad essere un punto di riferimento nella Torino che ama mangiare e bere bene. Il primo weekend di libertà in zona gialla ha il sapore di pranzi che cominciano alle 12.30 e finiscono alle 16, abbiamo voglia di goderci la primavera all’aperto. E siamo stufi di cucinare, diciamolo chiaramente.

I Rabezzani al tartufo  I Rabezzani al tartufo

.Risotto con cozze e pancetta   .Risotto con cozze e pancetta 

Il menù, come potevate immaginare, è tipicamente piemontese. Cominciamo con un budino di asparagi immerso in una morbida fonduta di toma di Lanzo e carne cruda battuta al coltello con tartufo nero. La carne si scioglieva letteralmente in bocca. Pasteggiamo con il loro Arneis e continuiamo con i Rabezzani: agnolotti ripieni di carne di vitello piemontese servito con riduzione di Barbera d’Asti Superiore Rabezzana e tartufo nero. Questo piatto apparentemente pieno di sapori forti, riesce a creare un equilibrio perfetto.

Budino di asparagi  Budino di asparagi

La novità di questo pranzo, l’oggetto di discussione e stupore è il risotto con cozze e pancetta nostrana affumicato al legno di ciliegio. Incredibilmente profumato, un gusto invernale che prevale ma che viene subito rimpiazzato dalla cozza. Insomma Madonna di Campiglio- Santa Margherita in pochi secondi. C’è sempre spazio per i dolci, neanche a dirlo, e per non deludere la tradizione assaggiamo il loro bunet. Ma vogliamo provare anche la zeppola, alta, leggera e piena di crema. Non abbiamo lasciato neanche una briciola e i ragazzi dell’osteria hanno chiaramente apprezzato.

La zeppola  La zeppola

Ci siamo sentiti a casa e, sorseggiando un amaro alle erbe fatto dall’osteria, promettiamo di tornare alla Rabezzana per una sinoira a suon di insalata russa e vitello tonnato, una tradizione che nel resto dello Stivale chiamiamo aperitivo, ma deriva da “sina”, in piemontese cena, e significa letteralmente “la merenda prima del pasto”. Una merenda è così robusta che finisce per sostituirla. Un apericena in salsa sabauda.

Il bunet, il più sabaudo dei dolci  Il bunet, il più sabaudo dei dolci

COSA NE PENSI? (Sii gentile)

TENIAMOCI IN CONTATTO
>
Iscriviti alla newsletter, niente spam, solo cose buone
>
CORRELATI >